La relazione tra grande schermo e arte culinaria inizia agli albori del cinema in bianco e nero e sembra proprio non volersi arrestare.
Tutti conosciamo la scena del film Un americano a Roma (1954) in cui Alberto Sordi attacca letteralmente un piatto di spaghetti al famosissimo grido “Maccherone, mi hai provocato e io ti distruggo”; il potere magico del cioccolato venduto da Juliette Binoche in un bigotto villaggio francese nella pellicola Chocolat (2000) e i famosi “fagioli alla Bud Spencer”, serviti da Terence Hill nel film Lo chiamavano Trinità (1970), diventati per l’attore l’equivalente della coperta di Linus e degli spinaci di Popeye, almeno nell’immaginario collettivo.
Nell’ultimo decennio, sono usciti tantissimi film in cui il protagonista è un cuoco o una cuoca. In Il Sapore del successo (2015), ad esempio, Bradley Cooper interpreta un famoso chef che dopo aver perso tutto a causa della sua arroganza e del suo dissoluto stile di vita, riesce a tornare sulla cresta dell’onda grazie alla sua passione per la cucina. Quello che non tutti sanno è che le preparazioni e le ricette non sono certo lasciate al caso. È lo chef Marcus Wareing, a lungo braccio destro di Gordon Ramsay, a occuparsene, dando vita a piatti stellati degni di essere provati.
Ancora maggiore è il numero di film in cui il cibo viene utilizzato come metafora: di opulenza ad esempio - come nelle tavole imbandite di The Wolf of Wall Street (2013) - di spreco, solitudine e ritorno alle origini - come in La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino (2013), in cui un piatto di orecchiette alle cime di rapa galleggia in una fontana durante una festa organizzata dal più grande collezionista d’arte italiano; personaggi famosi cenano da soli al ristorante e il protagonista rivive la sua infanzia felice assaporando un piatto di minestrone -, ma anche di amara e rivelatrice condivisione, come alla tavola di Perfetti Sconosciuti di Paolo Genovese (2016), in cui, tra un piatto di gnocchi al pomodoro e di polpettone con le verdure, vengono alla luce i segreti dei protagonisti.
“Essendo un film che parla di vita privata, di amici e di intimità. Secondo me il momento più intimo che noi abbiamo è la cena. Si sta seduti attorno a un tavolo, ci si guarda negli occhi, si mangia e si chiacchiera. C'è tutta una liturgia di come si mangia e di cosa si mangia. Sicuramente capiamo molto delle persone attraverso il modo in cui approcciano al cibo.” Ha raccontato Genovese in un’intervista rilasciata dopo l’uscita del film.
Infine, soprattutto se guardiamo alle produzioni estere, quando il cibo diventa metafora di gioia o strumento di consolazione, a farla da padrone è la pizza. In Mangia, prega, ama (2010) Julia Roberts si sente rinascere grazie ai piatti che assapora durante il suo viaggio tra Napoli e Roma - “Sto avendo una relazione con la mia pizza, e mi piace tanto” è diventata una delle citazioni legate al cibo nei film più famosa della storia del cinema - in Inside Out (2015), il film d’animazione della Pixar in cui le personificazioni delle emozioni determinano i comportamenti dei personaggi, “Gioia” spinge la bambina protagonista ad andare a mangiare la pizza per dimenticare il senso di delusione e rabbia nei confronti del padre che la abbandona sempre, e in I due papi (2020), Papa Benedetto XVI e il Cardinal Bergoglio, interpretati da Anthony Hopkins e Jonathan Pryce, condividono uno spicchio di pizza nell’unico momento di reale quotidianità che riescono a ritagliarsi tra i veri incontri ufficiali.
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